venerdì 20 giugno 2008

domenica 15 giugno 2008

14 GIUGNO 1974







L'attacco alla sede MSI di Padova è stata una azione criminosa condotta il 17 giugno 1974 da un gruppo di fuoco delle Brigate Rosse ai danni dell'edificio in cui si trovavano gli uffici padovani del Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale.

L'attacco causò due vittime, Giuseppe Mazzola (Telgate (BG), 21 aprile 1914 - Padova, 17 giugno 1974), carabiniere in congedo, e Graziano Giralucci (Villanova di Camposampiero (PD), 7 dicembre 1944 - Padova, 17 giugno 1974), agente di commercio e militante del Movimento Sociale Italiano, ed è stato il primo omicidio compiuto dalle Brigate Rosse.

Un gruppo di cinque persone armate con pistole silenziate intorno alle 9.30 di mattina del 17 giugno eseguì un'azione paramilitare nella sede missina di via Zabarella 24 con lo scopo di prelevare alcuni documenti e di violare un luogo del MSI. La settimana prima, in visita di ricognizione si era presentato alla porta della sede del MSI Roberto Ognibene, dando generalità false, dichiarando la propria simpatia per il MSI e promettendo che sarebbe tornato.

Mentre un membro del commando rimase ad attendere fuori dall'edificio come "palo", due membri del gruppo fecero un'incursione negli uffici con lo scopo di prelevare i documenti presenti. Un quarto membro del commando attendeva sulle scale dell'edificio con una borsa, per prendere il materiale sottratto, ed un quinto era rimasto in auto pronto per la fuga. L'atto avrebbe dovuto avere soprattutto scopo intimidatorio.

Penetrati all'interno del locali, i due terroristi vi trovarono Graziano Giralucci (militante dell'MSI quasi trentenne, rugbista e fondatore del CUS Padova) e Giuseppe Mazzola (un ex carabiniere in pensione -sessantenne- che teneva la contabilità) entrambi casualmente presenti quella mattina nella sede del partito.

Secondo la prima ricostruzione, ad una reazione di Mazzola (che cercò di strappare la pistola ad un aggressore) seguì un attacco di Giralucci che cercò di afferrare il collo di un terrorista: in risposta i due attaccanti avrebbero aperto il fuoco, uccidendo i missini sul colpo.

Secondo una seconda ricostruzione effettuata durante il processo d'appello presso la Corte d’Assise di Padova, invece, i due sarebbero stati giustiziati con freddezza tramite un colpo alla testa.

Le armi del delitto furono due pistole, una P38 e una 7.65 con silenziatore. Conclusa l'azione il commando si dileguò.

Il giorno successivo l'azione venne rivendicata da una cellula brigatista tramite una telefonata alla sede di Padova de Il gazzettino, e due volantini vennero lasciati in altrettante cabine telefoniche di Milano e Padova.

La decisione di rivendicare il fatto a detta di Renato Curcio, fondatore delle BR, fu sofferta: gli stessi responsabili della colonna veneta sollecitarono i vertici delle BR a rinunciare alla rivendicazione di paternità degli omicidi. Pur con molti dubbi le BR rivendicarono l'azione specificando nel volantino che, pur essendo responsabili degli omicidi, le BR seguivano un'altra linea e che i delitti non erano stati pianificati dall'organizzazione.

Le Brigate Rosse avevano in precedenza commesso altre azioni violente armate, tra cui il rapimento del procuratore Mario Sossi, a Genova, il 18 aprile 1974, ma questo fu il primo omicidio effettuato e rivendicato a nome delle Brigate Rosse, e venne messa in discussione l'esistenza di tale organizzazione terroristica sia dai giornali che dalla magistratura: per 6 anni infatti, dietro la spinta di giornali di sinistra quali ad esempio il Manifesto, l'Avanti e L'Unità, le forze dell'ordine indirizzarono le indagini su una fantomatica "pista nera", che interpretava l'omicidio di Giralucci e Mazzola come un regolamento di conti interno al partito del MSI.

Tale azione di depistaggio ebbe momentaneamente successo.


Silvano Girotto, interrogato il 26 Settembre 1974 da Giancarlo Caselli, a proposito del duplice omicidio di Padova riferì: «Curcio disse: bisognava anche sapere che, se necessario, le Br uccidevano». L'eventualità dell'uso delle armi per uccidere non era escluso e questo rappresentava un principio chiaro dell'organizzazione, il problema sorse sull'opportunità, in particolare sull'omicidio di Mazzola e Giralucci, che lo stesso Curcio definì «un imbarazzante incidente di lavoro» nonché «un errore molto grave e un disastro politico». In una lunga intervista rilasciata a Mario Scialoja nel 1992 Curcio, proprio in relazione al delitto di Via Zabarella, dichiarò che all'epoca escludeva del tutto l'idea di uccidere consapevolmente per scopi politici, ritenendo questa pratica controproducente e negativa per la stessa organizzazione.

Negli anni ottanta, in seguito alle confessioni di vari terroristi pentiti ed ad una più vasta indagine sulle Brigate Rosse, viene aperto il processo per l'assassinio di Giralucci e Mazzola. In tale procedimento non fu coinvolto Pelli, morto in carcere di leucemia nel 1979.

Dopo il pentimento e la sua dissociazione dei movimenti terroristici, Susanna Ronconi rilasciò una ampia e dettagliata confessione sui fatti: secondo la deposizione, il commando era composto dai seguenti terroristi:

Roberto Ognibene, esecutore materiale dell'incursione.
Fabrizio Pelli, esecutore materiale dell'incursione.
Susanna Ronconi, con funzione di retroguardia e recupero del bottino.
Giorgio Semeria, con funzioni di autista.
Martino Serafini, con funzioni di sentinella per un eventuale arrivo delle forze dell'ordine.
La Ronconi sostenne la tesi degli omicidi per reazione, ma la perizia balistica smentì in parte la testimonianza, affermando si fosse trattato di una esecuzione.

Ognibene aveva compiuto anche una visita di ricognizione la settimana precedente, presentandosi, dando generalità false, dichiarando la propria simpatia per il MSI e promettendo che sarebbe tornato.

L'11 maggio 1990 la Corte d’Assise confermò la colpevolezza degli imputati, condannando esecutori e mandanti. Tra i killer, Ognibene ricevette una condanna a 18 anni (omicidio volontario), la Ronconi e Semeria vennero condannati a nove anni e sei mesi, mentre Serafini ricevette sei anni, un mese e 10 giorni (concorso anomalo in omicidio volontario). Pelli era morto di leucemia l'8 agosto 1979 all'ospedale Niguarda di Milano.

Vennero riconosciuti come ispiratori dell'azione Renato Curcio, Mario Moretti ed Alberto Franceschini, condannati a dodici anni e otto mesi per concorso morale in omicidio; diciotto anni a Roberto Ognibene per omicidio volontario.

La sentenza viene accolta con favore, ma sia i condannati (i cui avvocati sostenevano la tesi secondo cui l'evento sarebbe maturato indipendentemente dai presunti ispiratori morali) che il pubblico ministero (per cercare di far riconoscere piena responsabilità anche per i mandanti) ricorsero in appello.

Nel giugno 1991 l'appello programmato venne rinviato per questioni procedurali. Alla notizia del rinvio seguì la proposta di grazia avanzata dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga a favore di Curcio, che suscitò un vespaio nell'opinione pubblica.

Il processo venne celebrato a Venezia a partire dal 20 novembre 1991: il 9 dicembre il tribunale confermò la tesi secondo cui le cosiddette Brigate Rosse si erano già costituite con un nucleo centrale, di cui Curcio e Moretti erano i capi, e che questo nucleo fosse pienamente coinvolto nella vicenda.

Le pene di Curcio Moretti furono elevate a 16 anni e due mesi, mentre per Franceschini la sentenza salì a 18 anni, due mesi e sette giorni. Ronconi, Semeria e Serafini vennero riconosciuti pienamente colpevoli dell'omicidio, e la pena fu aumentata a 12 anni per i primi e a sette anni e sei mesi per l'ultimo. Per Ognibene furono confermati i 18 anni.

Nell'agosto 1991, Francesco Cossiga, Presidente della Repubblica in carica, propose di concedere la grazia a Renato Curcio; a tale provvedimento si opposero le famiglie Giralucci e Mazzola che, per protesta, chiesero la loro sospensione dallo status di cittadinanza italiana.

Sempre a tal riguardo, Silvia Giralucci, figlia di una delle due vittime e ventenne al momento della lettera, scrisse a Cossiga:

« La grazia è un'ingiustizia che ci offende, sia come familiari delle vittime del terrorismo, che come privati cittadini. Mia madre ed io avevamo già espresso parere negativo alla grazia... La nostra vita è stata profondamente segnata da quell'episodio, è una vita non completa, non normale. Perché dobbiamo concedere una vita normale a chi non ha permesso che la nostra fosse tale? Hanno stroncato e segnato irreversibilmente troppe vite per avere il diritto di godersi la loro. Constatatone il fallimento, vorrebbero, e lei con loro, considerare la loro esperienza storicamente sorpassata, ma il dolore mio e della mia famiglia non è ancora storia, è vita". »
(Silvia Giralucci, in risposta alla proposta di grazia a Renato Curcio da parte del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga)

Nel luglio 1992 Serafini chiese la grazia, mentre Ronconi e Semeria usufruirono della semilibertà e Ognibene, grazie ai benefici della legge sui dissociati, fu impiegato presso il comune di Bologna. Il 1 agosto 1992 Serafini venne arrestato per scontare due anni e mezzo di pena residui.

lunedì 9 giugno 2008

DESTRA VENETA GIOVANI!


Destra Veneta, Azione Giovani e Azione Universitaria stanno organizzando un
incontro destinato ai giovani.
Ti invito:
GIOVEDÌ 12 Giugno 20.30
ALLA FESTA D’ESTATE DI DESTRA VENETA GIOVANI
c/o Palestra Plus Body Fitness a Due Carrare, via E.Mattei 10 (nei pressi del Cineplex).
(da strada Battaglia girare al Cineplex - via S.Antonio - e prendere la prima via a dx - via Mattei - proseguire dritto 200m: la palestra è dove termina la strada)

La serata sarà l'occasione per presentare ai giovani Destra Veneta, un’area culturale
vicina ad Alleanza Nazionale che vuole fungere da laboratorio per la formazione di nuove idee e perché queste diventino azione.
Faremo tutto ciò divertendoci e passando una serata diversa incontrando nuove
persone…non sarà solo politica…MUSICA, BIRRA E SALSICCIA PER TUTTI!
Spero tu possa venire, attendo conferma della tua presenza via mail o al tel 347.8956113
www.destraveneta.it